Con
riferimento alle fonti normative che sono alla base della disciplina
delle associazioni, vi è la Costituzione italiana e il Codice
Civile.
La
prima, rappresenta la carta contenente i principi fondamentali della
Repubblica Italiana e si colloca ad un livello sovraordinato rispetto
alle leggi, le quali, laddove disciplinano una qualche fattispecie,
non possono essere in contrasto con i principi sopra citati.
Premesso
ciò, all’interno della Costituzione vengono presentati alcuni
principi basilari in tema di associazionismo: l’art. 2 ove si
afferma che “La
Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come
singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità, e richiede adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale”;
e l’art. 18 per il quale “I
cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente, senza
autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge
penale”.
Dalla
lettura del dettato costituzionale, quindi, gli uomini possiedono il
diritto naturale di costituirsi in associazione, in maniera libera e
rispettosa della legalità.
Diritti,
questi, affermati fin dai i primi articoli della Costituzione, a
testimonianza del fatto che la libertà associativa rappresenta uno
dei pilastri fondamentali della Repubblica.
Per
quanto concerne, invece, le disposizioni contenute all’interno del
Codice Civile, risulta centrale il primo comma dell’art. 36.
Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciute. –
1. L’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni
non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi
degli associati.
Pertanto, gli individui che intendono associarsi, possono “per
legge” decidere, come meglio ritengono opportuno, le regole di
funzionamento dell’associazione e come essa viene a strutturarsi al
proprio interno.
In
altre parole, se è vero che la Costituzione possiede importanza
primaria su tutte le leggi, al di sotto delle quali si collocano gli
accordi fra i privati, è altrettanto vero, proprio in virtù degli
stessi principi costituzionali e dell’art. 36 co.1 c.c., che i
soggetti privati possono darsi delle regole anche differenti rispetto
a quelle che la stessa legge prevede per la disciplina di altre
fattispecie come, ad esempio, le associazioni riconosciute o altri
enti non-profit.
Pertanto, la costituzione e la legge, delineano un perimetro entro il
quale la volontà dei soci di un’associazione non riconosciuta,
risulta “sovrana”.
Gli
strumenti attraverso cui si esprime tale volontà, sono l’atto
costitutivo e lo
statuto.
Un’associazione,
può venire alla luce per costituzione
simultanea oppure per
costituzione
successiva.
La
costituzione simultanea, si verifica nel momento in cui, taluni
individui, si riuniscono “in assemblea” e procedono alla
costituzione dell’associazione: tutti, simultaneamente, manifestano
la loro volontà di dare vita all’associazione.
Nel
caso di costituzione successiva, invece, rivestono un ruolo centrale
i soggetti promotori,
i quali propongono al pubblico interessato, il progetto associativo
della costituenda associazione, dando loro la possibilità di
aderire. Avvenuta l’adesione al progetto associativo da parte di un
numero consistente di soggetti, i promotori convocano un’assemblea
costituente ove i soggetti che hanno manifestato la loro adesione,
deliberano sull’atto costitutivo dell’associazione e sui punti
contenuti nello statuto, dando vita all’associazione stessa.
In
questa seconda circostanza, potrebbe addirittura non rendersi
necessario, da parte dei promotori, che venga convocata l’assemblea
costituente in quanto, anziché proporre un programma al pubblico,
potrebbero direttamente formulare un vero e proprio atto costitutivo
e uno statuto da far approvare agli interessati; questi, con la loro
adesione, entrerebbero direttamente a far parte dell’associazione.
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